crisi progetto fotografico: come ripartire davvero?

crisi progetto fotografico
Una delle prime foto test del progetto “in attesa”

Ho tutto in mente. Le immagini, l’atmosfera, perfino l’inquadratura perfetta. Parto con entusiasmo, definisco ogni dettaglio, e mi metto in marcia. Ma adesso che alzo la macchina fotografica e premo il pulsante, qualcosa si spezza. Le foto non parlano. Non seducono, non affascinano, non raccontano. Sembrano vuote, piatte, insignificanti.
Crisi del progetto fotografico? Esatto, ci sono dentro fino al collo.

È quello che sta succedendo con “in attesa”, un progetto nato con grandi aspettative e che ora si scontra con una realtà spiazzante. Ma questa potrà anche diventare la storia di come riuscirò a ripartire. Non stravolgendo tutto, ma accettando la fatica e trovando nuovi occhi per vedere le stesse cose.

Quando l’immaginazione fallisce la realtà

Nel mio progetto “In attesa” immaginavo fermate dell’autobus come icone silenziose. Luoghi sospesi, carichi di storie invisibili. Le vedevo come scenografie perfette, quasi cinematografiche. Ma ora che ho iniziato a fotografarle, mi ritrovo davanti a cemento, segnaletica sbiadita e silenzi anonimi.

Le foto non reggono il confronto con l’idea. Sono “mosce”, senza tensione.
In questo momento penso seriamente che possa essere tutto inutile. Una delle tante volte in cui vorrei mollare.

Ma invece di cancellare le immagini e archiviare il progetto, cercherò di fare una cosa diversa: mi fermerò. Inizierò a osservare di nuovo. Senza macchina al collo, solo con gli occhi e il taccuino. E spero che da lì qualcosa possa cambiare.

Ripartire non vorrà dire ricominciare da zero

Ripartire da una crisi del progetto fotografico non significherà abbandonare tutto o cambiare tema. Vorrà dire spostare il punto di vista, lasciarsi sorprendere da ciò che non funziona. Ecco cosa proverò a fare concretamente:

1. Lasciare la macchina a casa (per un po’)
A volte serve tempo per disintossicarsi dall’ansia dello scatto. Camminare senza fotocamera mi costringerà a guardare davvero. Trascorrerò alcuni pomeriggi semplicemente seduto vicino a certe fermate. Osserverò le persone. Ascolterò il rumore del traffico, gli uccelli, il silenzio. Così potrò iniziare a percepire piccoli dettagli che prima ignoravo: un gesto, un’espressione, un riflesso inaspettato.

2. Cambiare orario, cambiare luce
Gran parte delle prime uscite sono state a metà giornata. Luce piatta, ombre dure. Tornerò all’alba, poi al tramonto. E spero che qualcosa cambi. Le fermate, alla luce dorata delle sei e mezza del mattino, potrebbero trasfigurarsi. Potrebbero diventare più intime, meno anonime. I riflessi sui vetri, le ombre lunghe, l’umidità sull’asfalto: dettagli che finora non esistono.

3. Cercare connessioni invece di soggetti
Non fotograferò più “la fermata”. Fotograferò l’attesa. Quel tempo sospeso, pieno di niente e di tutto. Non cercherò più una composizione perfetta, ma una sensazione. Uno sguardo distratto. Un piede che batte nervoso. Una borsa poggiata a terra. Mi interesseranno le tracce dell’attesa, non il suo contenitore.

Da fallimento a nuova visione

Quello che ora sembra un fallimento potrà diventare una risorsa. Se questa crisi non fosse arrivata, non avrei mai rallentato. Non avrei mai davvero visto. E questa sarà forse la lezione più preziosa.

La crisi del progetto fotografico potrà sembrare una sconfitta, ma sarà spesso solo un cambio di pelle. Mi costringerà a guardare oltre la superficie. Mi toglierà l’illusione del controllo e mi restituirà un rapporto più sincero con la fotografia.

In effetti, spesso siamo noi a voler forzare il mondo dentro un’immagine mentale. Ma la fotografia è un dialogo, non un monologo. Bisognerà saper ascoltare.

Cosa farò per superarla

Per affrontare la crisi del mio progetto fotografico, ecco le azioni che metterò in pratica, ispirate da ciò che hanno fatto altri fotografi e da ciò che sento come possibile:

Tornerò nei luoghi che avevo scartato.
Ma con uno spirito diverso. Guarderò senza pretendere. Lascerò che i dettagli mi vengano incontro.

Riguarderò le mie foto “brutte”.
C’è sempre qualcosa da imparare. Forse una luce interessante, un’inquadratura da rivedere, un errore che potrà diventare stile.

Scriverò. Annoterò. Rifletterò.
Terrò un quaderno. Annoterò quello che vedo, che provo, anche se non scatterò nulla quel giorno. Sarà parte del processo creativo.

Condividerò i miei dubbi.
Parlerò con altri fotografi. Non per avere consigli tecnici, ma per capire se anche loro hanno vissuto fasi simili. Mi farà sentire meno solo.

Mi farò ispirare, senza copiare.
Guarderò come altri fotografi affrontano progetti simili. Io, ad esempio, troverò ispirazione nei lavori di Guido Guidi e nel modo in cui trasforma l’ordinario in qualcosa di poetico.

Un esempio futuro: la foto che potrei fare

Un giorno, tornando da una passeggiata senza fotocamera, potrei vedere un signore seduto alla fermata, con le gambe accavallate, che legge il giornale. Magari sarà mattina presto, la luce taglierà in diagonale, e dietro ci sarà solo campagna. Potrei tornare il giorno dopo, stessa ora, macchina pronta.
Forse lui non ci sarà, ma ci sarà la stessa luce. E al suo posto, troverò una busta del pane lasciata sulla panchina.
Quella potrebbe diventare una delle immagini più significative del progetto.
Non sarà ciò che avevo immaginato. Ma parlerà lo stesso linguaggio.

Conclusione

La crisi del progetto fotografico non sarà un fallimento. Sarà un’opportunità travestita da ostacolo. Mi costringerà a fermarmi, a farmi domande, a ripensare il mio modo di fotografare. Ma se avrò il coraggio di restare in ascolto, senza giudicare subito ciò che produco, qualcosa succederà.
Qualcosa si muoverà, si svelerà. Ed è spesso lì che nascerà la fotografia più vera.

E tu? Stai vivendo una situazione simile? Hai mai pensato di mollare tutto, ma poi ti sei fermato un attimo prima?
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E se ti interessa leggere altre riflessioni sulla fotografia come percorso personale, puoi dare un’occhiata anche a questo articolo “la bellezza nel quotidiano: fotografare l’ordinario“.